COVID19, CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA

DECRETO “CURA ITALIA”
NUOVE DISPOSIZIONI PER LA CASSA INTEGRAZIONE IN DEROGA INFORMATIVA

E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 18 del 17 marzo 2020, battezzato anche “Cura Italia”, recante misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Tra le misure previste l’art. 21 del decreto detta nuove disposizioni per la Cassa Integrazione in deroga, in virtù delle quali le Regioni e Province autonome, con riferimento ai datori di lavoro del settore privato, ivi inclusi quelli agricoli, della pesca e del terzo settore compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, in costanza di rapporto di lavoro, possono riconoscere, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane. Il trattamento è riconosciuto a decorrere dal 23 febbraio 2020 e limitatamente ai dipendenti già in forza alla medesima data.

In pratica, il trattamento viene concesso anche alle aziende con 1 dipendente, con la sola esclusione dei datori di lavoro domestico.

I trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga sono concessi con decreto delle Regioni e delle Province autonome interessate, da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro 48 ore dall’adozione.

Spetta all’INPS erogare le prestazioni previa verifica del rispetto, anche in via prospettica, dei limiti di spesa esclusivamente con la modalità di pagamento diretto.

Per i lavoratori è riconosciuta la contribuzione figurativa e i relativi oneri accessori.

Le Regioni e Province autonome devono, però, stipulare preventivamente un Accordo quadro che può essere concluso anche in via telematica con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro.

L’accordo non è richiesto per le imprese che occupano fino a 5 dipendenti.

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